Percorso tematico
Raccontare il processo fotografico con l’archivio
Analizzare l’archivio di un fotografo professionista come Franco Bottino significa confrontarsi con varie tipologie di materiali, talvolta fortunatamente presenti a corredo delle immagini, che testimoniano non solo il risultato finale del servizio fotografico ma anche l’intero iter progettuale ed esecutivo delle immagini.
Analizzare l’archivio di un fotografo professionista come Franco Bottino significa confrontarsi con varie tipologie di materiali, talvolta fortunatamente presenti a corredo delle immagini, che testimoniano non solo il risultato finale del servizio fotografico ma anche l’intero iter progettuale ed esecutivo delle immagini.
Progettazione e committenza
Durante il processo di riordino e di condizionatura dei supporti presenti nell’archivio fotografico di Franco Bottino sono emersi documenti molto utili per la comprensione della fase che precede lo scatto vero e proprio. Un esempio particolarmente interessante è il servizio realizzato per la campagna della collezione Autunno – Inverno 1976-77 di Biki, creata dallo stilista Alain Reynaud su incarico di Elvira Leonardi Bouyeure.
Una cartella stampa, trovata insieme ai fotogrammi, permette di scoprire la complessa rete di collaborazioni che la casa di moda mette in campo per la produzione e la presentazione dei suoi capi: dai fornitori di filati a quelli di tessuti, dalle acconciature al maquillage, dagli accessori realizzati da aziende terze a quelli realizzati appositamente per Biki. Un secondo documento manoscritto, trovato all’interno della stessa cartella stampa riguarda invece alcuni appunti manoscritti, probabilmente per mano del committente o dall’art director, che indicano come i capi Biki dovessero apparire nelle immagini fotografiche per essere valorizzati al meglio. Indicazioni forse vincolanti per il fotografo ma molto preziose oggi per noi.
Durante il processo di riordino e di condizionatura dei supporti presenti nell’archivio fotografico di Franco Bottino sono emersi documenti molto utili per la comprensione della fase che precede lo scatto vero e proprio. Un esempio particolarmente interessante è il servizio realizzato per la campagna della collezione Autunno – Inverno 1976-77 di Biki, creata dallo stilista Alain Reynaud su incarico di Elvira Leonardi Bouyeure.
Una cartella stampa, trovata insieme ai fotogrammi, permette di scoprire la complessa rete di collaborazioni che la casa di moda mette in campo per la produzione e la presentazione dei suoi capi: dai fornitori di filati a quelli di tessuti, dalle acconciature al maquillage, dagli accessori realizzati da aziende terze a quelli realizzati appositamente per Biki. Un secondo documento manoscritto, trovato all’interno della stessa cartella stampa riguarda invece alcuni appunti manoscritti, probabilmente per mano del committente o dall’art director, che indicano come i capi Biki dovessero apparire nelle immagini fotografiche per essere valorizzati al meglio. Indicazioni forse vincolanti per il fotografo ma molto preziose oggi per noi.
Dal primo scatto al pubblicato
Quasi tutto il materiale prodotto da Franco Bottino fin dall’inizio della sua carriera, è stato conservato nel suo studio di via Commenda. Nel processo di valorizzazione del suo archivio si è deciso di rendere visibile tutte le tipologie di materiale disponibile per poter raccontare l’intero processo creativo che ha condotto sino al pubblicato.
Il metodo di Franco Bottino, in comune con i professionisti suoi contemporanei, prevedeva, una volta allestito il set in studio e definito l’outfit della modella insieme a trucco e acconciatura (ovviamente con la collaborazione di altri professionisti specializzati nei diversi campi), di realizzare dei primi scatti con una macchina fotografica a sviluppo istantaneo (Polaroid). Queste prime immagini erano utilizzate per poter visualizzare e scegliere immediatamente la posizione ideale da far assumere alla modella per valorizzare al meglio l’abito indossato e realizzare una buona immagine.
I supporti fotografici utilizzati dal fotografo hanno permesso di riconoscere una costante nella sua pratica di ripresa analogica: l’utilizzo di diversi formati (35 mm e 120), sia in bianco e nero sia a colori. Questa differenziazione permetteva di selezionare, una volta sviluppati i negativi e realizzati i provini a contatto, un corpus di immagini valide da sottoporre o consegnare al committente o da stampare direttamente in grande formato apportando la sua caratteristica “bruciatura” nei toni alti dell’immagine. Importantissimi sono stati i segni di selezione e di riquadratura, apposti sui provini a contatto, che hanno permesso oggi di evidenziare e valorizzare le scelte dell’autore.
In alcuni casi, la ricchezza dell’archivio Bottino ha mostrato anche la fase che spesso è sotto il controllo del fotografo solo parzialmente: la pubblicazione. Sono state trovate singole pagine di periodici o copie di riviste all’interno delle quali era presente l’immagine pubblicitaria esito dello shooting, nel quale l’intervento grafico e redazionale poteva essere più o meno in linea con l’impostazione del fotografo. Un servizio particolarmente ricco di materiali esemplificativi di queste fasi è quello realizzato per una delle immagini pubblicitarie della collezione Autunno- Inverno 1977-78 di Biki, pubblicata sull’allora importante rivista di moda Linea Italiana (n. 83, settembre 1977).
Quasi tutto il materiale prodotto da Franco Bottino fin dall’inizio della sua carriera, è stato conservato nel suo studio di via Commenda. Nel processo di valorizzazione del suo archivio si è deciso di rendere visibile tutte le tipologie di materiale disponibile per poter raccontare l’intero processo creativo che ha condotto sino al pubblicato.
Il metodo di Franco Bottino, in comune con i professionisti suoi contemporanei, prevedeva, una volta allestito il set in studio e definito l’outfit della modella insieme a trucco e acconciatura (ovviamente con la collaborazione di altri professionisti specializzati nei diversi campi), di realizzare dei primi scatti con una macchina fotografica a sviluppo istantaneo (Polaroid). Queste prime immagini erano utilizzate per poter visualizzare e scegliere immediatamente la posizione ideale da far assumere alla modella per valorizzare al meglio l’abito indossato e realizzare una buona immagine.
I supporti fotografici utilizzati dal fotografo hanno permesso di riconoscere una costante nella sua pratica di ripresa analogica: l’utilizzo di diversi formati (35 mm e 120), sia in bianco e nero sia a colori. Questa differenziazione permetteva di selezionare, una volta sviluppati i negativi e realizzati i provini a contatto, un corpus di immagini valide da sottoporre o consegnare al committente o da stampare direttamente in grande formato apportando la sua caratteristica “bruciatura” nei toni alti dell’immagine. Importantissimi sono stati i segni di selezione e di riquadratura, apposti sui provini a contatto, che hanno permesso oggi di evidenziare e valorizzare le scelte dell’autore.
In alcuni casi, la ricchezza dell’archivio Bottino ha mostrato anche la fase che spesso è sotto il controllo del fotografo solo parzialmente: la pubblicazione. Sono state trovate singole pagine di periodici o copie di riviste all’interno delle quali era presente l’immagine pubblicitaria esito dello shooting, nel quale l’intervento grafico e redazionale poteva essere più o meno in linea con l’impostazione del fotografo. Un servizio particolarmente ricco di materiali esemplificativi di queste fasi è quello realizzato per una delle immagini pubblicitarie della collezione Autunno- Inverno 1977-78 di Biki, pubblicata sull’allora importante rivista di moda Linea Italiana (n. 83, settembre 1977).
Il team Bottino
Avere a disposizione i negativi interi (con tutti i fotogrammi) e i provini a contatto consente d’indagare e analizzare aspetti “marginali” ma fondamentali per conoscere e capire la professione del fotografo all’interno del suo studio. L’archivio di Franco Bottino è fortunatamente ricco di immagini “fuori tema” (perle per gli archivisti!) cioè scatti realizzati con finalità differenti rispetto a quella principale del servizio fotografico. Questa ricchezza ha permesso di scoprire e conoscere il team di lavoro di Franco Bottino. Prima di tutto l’insostituibile moglie Franca, sempre presente sul set, poi la figlia Silvia che dai primi anni Ottanta inizia a collaborare costantemente con il padre diventando anche lei fotografa. E infine, ma non ultimi, tutti gli assistenti che negli anni si sono susseguiti, prima nello studio di via Santa Sofia e poi in quello di via Commenda. E per fortuna o vanità, in alcuni scatti, Bottino include anche se stesso, magari riflesso in uno specchio, realizzando una sorta di autoritratto durante il making of che mostra finalmente il volto dell’autore anche se spesso nascosto dietro alla macchina fotografica.
Avere a disposizione i negativi interi (con tutti i fotogrammi) e i provini a contatto consente d’indagare e analizzare aspetti “marginali” ma fondamentali per conoscere e capire la professione del fotografo all’interno del suo studio. L’archivio di Franco Bottino è fortunatamente ricco di immagini “fuori tema” (perle per gli archivisti!) cioè scatti realizzati con finalità differenti rispetto a quella principale del servizio fotografico. Questa ricchezza ha permesso di scoprire e conoscere il team di lavoro di Franco Bottino. Prima di tutto l’insostituibile moglie Franca, sempre presente sul set, poi la figlia Silvia che dai primi anni Ottanta inizia a collaborare costantemente con il padre diventando anche lei fotografa. E infine, ma non ultimi, tutti gli assistenti che negli anni si sono susseguiti, prima nello studio di via Santa Sofia e poi in quello di via Commenda. E per fortuna o vanità, in alcuni scatti, Bottino include anche se stesso, magari riflesso in uno specchio, realizzando una sorta di autoritratto durante il making of che mostra finalmente il volto dell’autore anche se spesso nascosto dietro alla macchina fotografica.
Uno shooting particolare
C’è un servizio fotografico molto particolare dove Bottino documenta con attenzione anche il “dietro alle quinte” del set, forse proprio per la presenza della bellissima Milva, già nota come la “Pantera di Goro”.
Il servizio è commissionato da Giuliano Ravizza, inventore – con il marchio Annabella – del prêt-à-porter nella pellicceria. Lo stilista è anche una figura lungimirante per l’utilizzo di spot televisivi e nella scelta di un marketing che fa dei testimonial la chiave del successo dell’azienda: la regia di Franco Zeffirelli, Jerry Hall, la giovanissima Monica Bellucci e Alain Delon. Tra le bellissime cantanti che prestano il proprio volto per Annabella spicca proprio Milva, che nel servizio realizzato da Bottino nel 1974, all’interno dello storico negozio del marchio nel centro di Pavia, vediamo durante la fase del trucco, della pettinatura e del setting, insieme al make up artist, l’hair stylist e l’art director/stylist che posano con lei anche per alcune foto ricordo. Tra tutti gli scatti sicuramente il più significativo è quello in cui la cantante discute con Giuliano Ravizza, un’immagine che racconta molto bene il coinvolgimento di un (raro) committente che segue in prima persona tutto il processo creativo dell’immagine della sua azienda.
C’è un servizio fotografico molto particolare dove Bottino documenta con attenzione anche il “dietro alle quinte” del set, forse proprio per la presenza della bellissima Milva, già nota come la “Pantera di Goro”.
Il servizio è commissionato da Giuliano Ravizza, inventore – con il marchio Annabella – del prêt-à-porter nella pellicceria. Lo stilista è anche una figura lungimirante per l’utilizzo di spot televisivi e nella scelta di un marketing che fa dei testimonial la chiave del successo dell’azienda: la regia di Franco Zeffirelli, Jerry Hall, la giovanissima Monica Bellucci e Alain Delon. Tra le bellissime cantanti che prestano il proprio volto per Annabella spicca proprio Milva, che nel servizio realizzato da Bottino nel 1974, all’interno dello storico negozio del marchio nel centro di Pavia, vediamo durante la fase del trucco, della pettinatura e del setting, insieme al make up artist, l’hair stylist e l’art director/stylist che posano con lei anche per alcune foto ricordo. Tra tutti gli scatti sicuramente il più significativo è quello in cui la cantante discute con Giuliano Ravizza, un’immagine che racconta molto bene il coinvolgimento di un (raro) committente che segue in prima persona tutto il processo creativo dell’immagine della sua azienda.